Bias del disinvestimento in formazione

Per le aziende che vogliono incrementare il sapere delle proprie risorse è normale rivolgersi a quelle pratiche educative che solitamente vanno sotto al nome di “formazione”.

Il termine “formare” mi ricorda la parola “modellare” e ancora, per associazione, il termine “manipolare”. Quindi, se consideriamo chi preferisce promuovere l’educazione e l’apprendimento attraverso la pratica esperienziale e interrogativa (anche metacognitiva), mediante un approccio maieutico, trovo che il termine “formare” sia poco coerente.

Nonostante questa visione squisitamente personale, allo scopo di mantenere scorrevole quanto vorrei condividere di seguito, utilizzerò comunque il termine generico “formazione”, assumendo non vi siano dubbi sul fatto che la formazione rappresenti un percorso “obbligato” per quelle aziende e organizzazioni che vogliono prosperare anche, e soprattutto, innovando e differenziandosi.

Vorrei quindi parlare di come la formazione impatta sulla crescita e la redditività di una organizzazione partendo da alcune riflessioni:

  • Le persone motivate (considerate) riducono il turnover del personale e vice-versa

  • Alcuni imprenditori sono restii a investire in formazione sulle risorse “perché poi se ne vanno”

  • Alcuni Imprenditori e manager non percepisco, o mediamente confondono, la differenza tra la formazione di base e strumentale e la formazione differenziante quale problem solving, decision making, …

Nel corso del tempo ho spesso assistito ad un fenomeno curioso e apparentemente poco spiegabile, praticato da alcuni imprenditori e manager.

Mi riferisco a quelle aziende nelle quali gli investimenti in formazione vengono drasticamente ridotti o azzerati.

I motivi per cui si può decidere di non investire in formazione possono essere più d’uno, ad esempio:

  • non si riconosce la valenza e la discrepanza tra “formazione strumentale” e “formazione differenziante” (un corso per imparare ad usare un noto software viene parificato alla formazione verso il problem solving di tipo creativo)

  • si obietta che le usuali modalità formative, praticate attraverso lezioni frontali e su argomenti meramente didattici, portano ad erodere il tempo disponibile di risorse preziose e che non possono essere “distratte” dai progetti che stanno seguendo (obiezione superata dalla modalità “training on the project”).

In realtà vi è poi un motivo ancora più subdolo, che ho deciso qui di trattare e di chiamare “bias del disinvestimento in formazione”, rappresentandolo attraverso la mappa CLD (Causal Loop Diagram) pubblicata sopra.

La CLD è uno strumento della System Dynamics che consente di correlare le cause e gli effetti presenti nei sistemi, evidenziando i feedback causali e i relativi circuiti di rinforzo e bilanciamento.

In questo tipo di mappatura le frecce hanno un ruolo cruciale. Si possono notare dei contrassegni S e O che si traducono in Stesso e Opposto ed hanno questo significato:

  • contrassegno S (“Stesso” o “Same”) - indica che il comportamento della causa (coda della freccia) è lo stesso per l’effetto (testa della freccia), in pratica:

    • se aumenta la causa aumenta anche l’effetto

    • se diminuisce la causa diminuisce anche l’effetto

  • contrassegno O (“Opposto” o “Opposite”) - indica che il comportamento della causa (coda della freccia) è il contrario per l’effetto (testa della freccia), in pratica:

    • se aumenta la causa diminuisce l’effetto

    • se diminuisce la causa aumenta l’effetto

E’ importante notare che spesso questi contrassegni sono indicati con + al posto della S e - al posto della O, ma ciò può indurre a fraintendimenti, cioè che + aumenta e – diminuisce, sempre.

Questo tipo di mappatura consente di evidenziare l’esistenza di circuiti di auto-rinforzo (contrassegno R) di tipo virtuoso o vizioso, o di auto-bilanciamento (contrassegno B).

Nel CLD qui presentato ho sintetizzato comportamenti che ho identificato e verificato in molte occasioni.

Se un’azienda investe in formazione (differenziante, ad esempio in problem solving, decision making, pensiero sistemico, …), oltre che gratificare in maniera diretta le risorse (R1), può differenziarsi (caratterizzarsi) e diventare maggiormente redditiva, premiando conseguentemente le risorse e stabilizzandone il turnover (R2), mostrandosi al contempo attrattiva verso nuove risorse con le quali sostenere una crescita desiderata (R3) e incrementando ulteriormente gli investimenti in formazione (R4).

Il prodotto di questi circuiti auto-rinforzanti e virtuosi può certamente spiegare il successo di alcune aziende.

Quel che accade, purtroppo, è che le risorse formate (differenziate con abilità distintive) diventano anche appetibili e ricercate dal mercato. Ciò può generare turnover e quindi un apparente sperpero dell’investimento fatto in formazione (B1). Se poi queste risorse migrano verso aziende competitrici ancora peggio, sarà automatico leggere l’investimento in formazione come un “tradimento” delle risorse e ciò risulterà essere direttamente controproducente.

In sintesi, se si insinua il dubbio che investire in formazione può essere controproducente diventa facile cadere nel tranello mentale che qui ho chiamato “bias del disinvestimento in formazione”.

Se ciò accade i circuiti R da virtuosi diventano viziosi. Le risorse saranno poco gratificate e se ne andranno, l’azienda perderà in distintività e redditività, azzererà completamente la formazione, si renderà poco attraente e così via.

Spiace dirlo, ma questo allora può certamente spiegare la stasi o l’insuccesso di molte aziende.

Ciò che qui presento ha lo scopo (è un tentativo) di aiutare imprenditori e manager a sensibilizzarsi verso i temi della formazione (differenziante) e, soprattutto, vuole aiutare a non cadere nel tranello di vedere solo l’albero B1 (alberi e foreste sono una metafora tipica del pensiero sistemico), ma di allargare lo sguardo alla foresta che contiene anche gli altri circuiti R, con l’obbiettivo di renderli virtuosi piuttosto che viziosi.

La mia opinione è che si debba vigilare su questo bias, che sia utile e premiante investire in “capacità differenzianti”, come ad esempio la capacità di vedere foreste e non solo alberi.

Le organizzazioni aziendali sono ecosistemi popolati da foreste, la ReS, la Produzione, il Marketing e il mercato stesso, sono tutti esempi di “foreste”, che possono essere coltivate e delle quali è possibile prendersi cura, con tecniche, strumenti e capacità differenzianti che si possono sperimentare e apprendere, e quindi esercitare.

Avanti
Avanti

Elogio (moderato) al “si è sempre fatto così”