Cinque comportamenti che rischiano di uccidere i nostri sistemi

Premesso che mi occupo di cose molto pratiche e concrete (tecnologia, prodotti, processi, innovazione, brevetti, …), e che non sono psicologo o sociologo, devo constatare che nel tempo ho avuto modo di osservare alcuni comportamenti che, di fatto, pregiudicano o condizionano enormemente gli sforzi che le organizzazioni investono per generare valore. Provo qui ad indicare cinque comportamenti, fra i molti osservati e che sono in qualche modo fra loro legati, che rischiano di “uccidere” i nostri sistemi. Intendo qui riferirmi a certi modi di pensare e di agire, subdoli e ben presenti nelle organizzazioni, che tendono ad ostacolare l’esito dei nostri sforzi e i miglioramenti che cerchiamo di promuovere in seno ai sistemi. Non pensate però che quanto evidenzio riguardi solo gli altri. Sforziamoci di intendere, quanto leggiamo, in prima persona.

  • Comportamento 1 – Non metterci nei panni degli altri.

Tutti noi siamo convinti di comportarci bene, eppure tutti ci lamentiamo di essere incompresi o discriminati. Sommare “l’agito” e “il subito” effettivo di tutti, da un punto di vista sistemico, dovrebbe dare zero, ma la somma del “percepito globale” pare segnalare che i conti non tornino. Pretendiamo di essere richiamati dal tal cliente, ma ci neghiamo al solito fornitore rompiscatole. Ci offendiamo se riceviamo mail aggressive, ma spediamo mail irrispettose delle più elementari norme di netiquette. Esigiamo l’attenzione di tutti, ma non abbiamo tempo per gli altri. Vogliamo il rispetto dei colleghi ma siamo pronti a schernirli per ogni loro minima defaillance. Ci aspettiamo di essere ricambiati per un gesto o un aiuto prestato ma snobbiamo il vero valore di ciò che ci viene donato o addirittura agiamo come se questo fosse dovuto. Certe cose, che derubrichiamo a semplici fraintendimenti, malevolenze o inutili prese di posizione, si traducono e si manifestano poi negli “inceppamenti” dei nostri sistemi, nella loro inefficienza e inefficacia. Quindi il costo di questo comportamento è elevato, dato che certamente incrementa le resistenze, già di per sé elevate, che sono tipiche dei sistemi che tendono, per loro “natura”, a persistere in un predeterminato equilibrio.

Suggerimento 1 – Ogni volta che pensiamo di essere incompresi o discriminati, facciamo lo sforzo, per davvero, di metterci nei panni degli altri. Riflettiamo se ciò che percepiamo assume connotazioni diverse invertendo i ruoli, ed eventualmente se non serva agire in maniera diversa. Impariamo ad esercitare sempre, anche preventivamente, questa facoltà.

  • Comportamento 2 – Cattivo uso delle risorse

Sia che ragioniamo in grande (il pianeta che dimoriamo), sia che pensiamo in piccolo (i nostri sistemi ristretti o noi stessi), dobbiamo constatare che abitiamo sistemi finiti e con risorse limitate. Al di la delle implicazioni sulla sostenibilità ambientale che vertono sulla unità di risorsa consumata per valore funzionale prodotto, intendo qui riferirmi agli sprechi e alle inefficienze che siamo bravissimi a generare. Riflettiamo su quante siano le risorse che dedichiamo per migliorare fattori marginali dei sistemi e quante a fattori cruciali. Ragioniamo anche su quanta energia “pompiamo” in produttività, anche quando non serve. Spesso tendiamo a fare del nostro meglio laddove è inutile. Consideriamo quanto le aziende, competitrici fra loro, investono in innovazione, per sottrarsi mezzo punto percentuale di mercato. Si, certo, questa è sana competizione che porta anche ad un miglioramento funzionale per l’utente finale. Tuttavia cosa vieta di ottenere i medesimi vantaggi per l’utente, senza gli investimenti di decine di aziende diverse che competono fra loro, magari su un unico aspetto? No, non sto sconfinando in argomenti legati a collusione o anti-trust, sto solo domandando perché, ad esempio, non ragionare brevetti condivisi o cooperare distribuendo competenze in cambio di alcune forme di vantaggio (non necessariamente competitivo).

Suggerimento 2 - Ogni volta che stiamo realizzando un certo progetto, un cambiamento, una innovazione, domandiamoci se questo non possa essere realizzato con meno risorse, includendo tra le risorse disponibili anche quelle apparentemente dannose e “nemiche”. Impariamo a chiederci, sempre, se si può fare “di più con meno”.

  • Comportamento 3 – Confidare incondizionatamente nel nostro istinto

L’evoluzione ha selezionato i nostri comportamenti, codificandoli nei nostri geni. I nostri modi di pensare e agire, i modelli mentali che usiamo, sono stati premiati con la sopravvivenza della nostra specie. Quando sentiamo ruggire ci precipitiamo nella direzione opposta, anche se proprio li potremmo trovare in agguato un predatore silente. Siccome, mediamente, certe strategie sono state premianti, abbiamo automatizzato certi atteggiamenti salvifici. La complessità cui stiamo velocemente tendendo sta però popolando il nostro ambiente di una “fauna” nuova e sconosciuta, che emette “versi” difficili da decifrare. Ci troviamo così esposti a rischi nuovi e difficilmente gestibili dal nostro istinto.

Suggerimento 3 – Impariamo a non trovarci ad agire in condizioni di urgenza, recuperando il tempo per riflettere e cercando di posticipare le azioni a decisioni ragionate.

  • Comportamento 4 – Visione prescrittiva e deterministica

Il cambiamento è determinato dalle persone e le persone non sono macchine. Noi non siamo macchine. Suggerire o imporre a qualcuno che una certa cosa va fatta non significa che la farà, nemmeno se gli passeremo tutte le informazioni e gli spiegheremo input e output atteso. Neppure se promettiamo un premio in denaro possiamo essere certi che un certo compito verrà eseguito com’è prescritto, del resto pagare gli stipendi non garantisce ad un imprenditore, purtroppo, che le cose avvengano come istruite. Ovviamente questo discorso si può reiterare anche a valle delle nostre aziende, chiedendoci perché l’esito delle nostre innovazioni non produca clienti che fanno la coda per comprare i nostri “prodotti”. Molti sono gli innovatori che hanno una visione prescrittiva e deterministica dell’innovazione. Molti quelli che pensano che basti programmare il cambiamento perché questo venga attuato. Non funziona così, per fortuna. Se ciò accadesse che mondo “noioso” e prevedibile ci attenderebbe.

Suggerimento 4 – Dotiamoci di un metodo per determinare la direzione dei cambiamenti che vogliamo generare, questo non per prescrivere o predeterminare, ma per guidare e agevolare il cambiamento, in contesti incerti e mutevoli, cercando di decifrare i comportamenti che ci troveremo a trattare e dai quali dovremo comunque almeno in parte dipendere.

  • Comportamento 5 – Visione localistica

Questo è un po’ il comportamento radice di tutti i mali, l’avere una visione ristretta dei sistemi e non olistica. È usuale redigere organigrammi senza clienti e fornitori, pensare l’urbanistica senza condividerla con il paese vicino, ottimizzare reparti senza aver prima maturato una visione e privi di adeguata formazione, giusto per fare qualche esempio. Il pensiero sistemico implica una visione dinamica dei sistemi, cioè la capacità di individuare i diversi flussi e l’accumulo di materiali e informazioni, i relativi feedback e le interdipendenze, i ritardi governati da regole e comportamenti. Non sono questi concetti facilmente esercitabili, specialmente in sistemi complessi. Più agiamo le nostre azioni con una visione localistica dei sistemi e più rischiamo di soggiacere ai sistemi di livello superiore o perfino inferiore.

Suggerimento 5 – Quando osserviamo i sistemi, sui quali dobbiamo agire, eseguiamo metaforicamente qualche passo indietro o in avanti, per modificare la nostra visione rispettivamente in maniera più allargata o più in dettaglio. Alleniamoci a cercare l’interezza e il “senso” dei sistemi.

Spero queste riflessioni siano di giovamento.

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