Elogio al dosso artificiale
Varie discipline, come ad esempio la Teoria dei Giochi e gran parte delle scienze economiche, guardano all'uomo come fattore razionale che determina la creazione e il consumo di beni, per i quali è disposto a scambiare un certo valore in denaro. È assunto che le scelte con le quali agiamo siano improntate alla logica e alla convenienza. In tal modo le decisioni che compiamo diventano sostanzialmente prevedibili e predeterminabili.
La Prospect Theory, e più in generale l’economia comportamentale e sperimentale, ci spiega invece che l’uomo gode di razionalità limitata ed è vittima di numerosi bias cognitivi che influenzano ciò che percepiamo e le scelte che attuiamo.
Ciò invalida gli assunti di base con i quali idealizziamo scopi e obiettivi, inducendo a travisare anche come intendiamo e realizziamo l’innovazione. Ottenere soluzioni perfettamente funzionanti per il sistema sbagliato, migliorare processi produttivi che sforneranno prevalentemente scorte non necessarie, attaccare competitori che reagiranno uccidendo il ciclo di vita delle nostre innovazioni, sono esempi degli esiti prodotti da una strategia di innovazione “malata”.
Eppure siamo costantemente allertati sul fatto che siamo individui fallaci, dotati di razionalità limitata. Fra gli oggetti, che ci ricordano continuamente la miopia con cui siamo costretti ad osservare e l’incapacità di condividere scelte sistemiche convenienti, ve n’è uno con i quali siamo quotidianamente costretti a confrontarci. Il dosso stradale artificiale.
Il dosso artificiale, o rallentatore, è stato inventato negli USA agli inizi del secolo scorso, con lo scopo di rallentare i veicoli in prossimità degli incroci. Oggi i rallentatori sono ampiamente usati in tutto il mondo, soprattutto in prossimità dei centri abitati e prima di passaggi pedonali. Dato che prendere in velocità questi dossi è particolarmente sgradevole, può danneggiare l’auto e perfino risultare pericoloso, sono anticipati da una segnaletica che ne indica la presenza e la velocità massima con cui affrontarli.
Il primo ricordo vivido che ho dei dossi artificiali risale a oltre trent’anni fa, quando ero volontario in una pubblica assistenza e dovetti assistere al supplizio, lungo il tragitto percorso in ambulanza dal luogo di un incidente stradale all’ospedale, di un traumatizzato con frattura scomposta ed esposta di tibia e perone. Nonostante li scavalcassimo ad andatura estremamente ridotta, ad ogni dosso il poveretto lanciava urla strazianti per il dolore patito. Ricordo che già allora mi interrogai del paradosso tra le sirene spiegate e la costrizione ad andare così adagio.
Sintetizzando, in presenza di dossi ci sono cartelli che ci segnalano di rallentare, altrimenti potremmo venire “puniti” con un fastidio che può arrivare al danneggiamento dell’auto. Obbedientemente rallentiamo per ricevere in cambio solo un “fastidio minore”, che spetta a tutti, mezzi di soccorso inclusi.
Qualcosa non quadra. Quale senso ha, l’esistenza dei dossi artificiali, per degli esseri che hanno la pretesa di agire in modo razionale. Sarebbe ben più conveniente accordarsi sul rispetto di un limite di velocità e nessun fastidio, in alternativa ad un rispetto del limite comunque obbligato attraverso un fastidio certo. Eppure se ci fossero solo i cartelli che indicano di rallentare, e mancassero i dossi, sappiamo per certo che ben pochi di noi rallenterebbero, a meno che non si introducano altre forme di dissuasione come ad esempio sistemi automatici per multare chi eccede i limiti di velocità.
Pure è vero che l’uomo è in grado di superare simili contraddizioni, ad esempio con invenzioni tecniche ad hoc che fanno spuntare o percepire il dosso solo se si superano certe velocità. Tuttavia certi sistemi particolarmente ideali non hanno avuto successo, e ancora una volta dovremmo interrogarci sui motivi di ciò. Quindi non sono gli strumenti di solving a mancarci, ma come li utilizziamo e come intendiamo e percepiamo i sistemi e gli obiettivi.
Allora, pur ritenendo il dosso rallentatore un artificio odioso, giacché arreca comunque un fastidio, propongo di cambiare prospettiva ed elogiarne l’esistenza. Ogni volta che ci troveremo a rallentare in prossimità di un dosso riflettiamo su quanto il consorzio umano sia composto da esseri molto meno razionali di quanto si ami credere.
Quando innoveremo, tentando di generare cambiamenti che siano desiderabili, ricordiamoci di ciò, e teniamone conto.