L’innovazione è cosa buona o cattiva ?
L’argomento “innovazione” può essere stratificato e osservato da innumerevoli punti di vista, ad esempio interrogandosi se questa può avere un’accezione negativa. Come innovatore di professione, e intendendo l’innovazione come “cambiamento desiderato”, risulta per me scontato averne un’accezione positiva, ma davvero tutto ciò che desideriamo è positivo?
Durante i seminari o i corsi, specialmente se tra i partecipanti ci sono giovani o persone evidentemente idealiste e sensibili, induco ad innovare relativamente a una … mina antiuomo. Ciò di solito innesca reazioni e resistenze, dato che nell'immaginario le mine sono qualcosa di estremamente negativo, mentre la gente pensa all'innovazione come a qualcosa di utile, favorevole e sostenibile. Uso questo espediente perché voglio che ci si concentri sulle funzionalità rilasciate dalle mine (la funzione delle mine non è uccidere), e farlo su un simile oggetto obbliga a interrogarsi su alcuni aspetti dell’innovazione come ad esempio quale sia l’output desiderato, quanti possano essere i sistemi coinvolti e cosa possa essere desiderabile per chi, oppure come nel tempo tutto ciò possa mutare.
Stimolo la comprensione che ciò che è desiderato e guida ogni innovazione che si realizza risponde esclusivamente agli obiettivi dei sistemi agenti, ed in presenza di molti sistemi agenti gli obiettivi delle innovazioni possono rispondere a logiche assai diverse fra loro. Si introduce quindi un argomento ulteriore e cioè domandarsi se gli strumenti e le tecniche che insegno, che accrescono considerevolmente la capacità di risolvere problemi complessi, di inventare e innovare nuovi prodotti, processi e servizi, hanno una valenza etica. Posso innovare per il mio sistema a scapito di un altro, e se si fino a quale limite?
Un venditore di armi, che agisce secondo le leggi, non ha responsabilità diretta se poi l’acquirente utilizza un’arma per uccidere. Allo stesso modo una ferramenta non ha la responsabilità dell’uso eventualmente improprio che venisse fatto per un martello che ha venduto. Tuttavia la gente non ha la piena consapevolezza che anche l’innovazione è una specie di arma impropria. Certi strumenti e tecniche possono essere usate per inventare medicinali, migliorare l’efficienza di una organizzazione, ridurre i consumi di un dispositivo, ma possono pure essere usate per ideare nuovi tipi di droga, migliorare un sistema criminale, incrementare consumi inutili.
Qualche mese fa, ad un convegno nel quale trattavo delle strategie di innovazione coopetitiva (innovare cooperando per meglio competere), uno dei presenti, che ha poi spiegato essere uno studioso delle tecniche di business utilizzate dalle mafie, faceva notare come le logiche enunciate sulle quali verteva l’incontro fossero massimamente utilizzate dalle diverse cosche. Qual è allora la responsabilità di chi dispone dell’arma “innovazione”?
Noi innoviamo i sistemi per incrementare i benefici e/o ridurre le nocività. Il fatto è che ciò che per noi può essere un beneficio potrebbe essere negativo per gli altri e viceversa. L’idealità che ogni sistema agente persegue è sempre riferita al proprio punto di vista. Gli innovatori generano “vettori” di cambiamento, che hanno verso e intensità, i più differenti. È anche per questo che gran parte degli sforzi che impegniamo in innovazione generano fluttuazioni e squilibri che si influenzano o annullano. Il cambiamento che generiamo spesso non giustifica l’enorme dispendio di energie e risorse che investiamo in queste azioni. Detto diversamente, è per questo che l’entità del cambiamento che produciamo potrebbe essere ottenuto in maniera più efficiente ed efficace, investendo minori risorse.
Ancora, le nuove tecnologie e la globalizzazione hanno introdotto in tempi recenti delle variabili che hanno accorciato e compresso considerevolmente i cicli temporali di ciò che realizziamo. Tutto va reso velocemente consumabile e viene reso obsoleto dalla successiva generazione di “bene”. L’innovazione è un’arma potentissima per perseguire questo genere di intenti e, sia chiaro, è legittimo usarla. Ma questi intenti e il loro esito sono davvero ciò che desideriamo? Ha senso “divorare” risorse scarse per generare cambiamenti illusori e di scarsa o nulla utilità sistemica?.
Tornando al titolo che guida queste riflessioni, cioè se innovare sia un bene o un male, impariamo ad interrogarci su come potremmo meglio, tutti, organizzare le nostre azioni e le nostre innovazioni, imparando ad usare al meglio le nostre strategie di innovazione. Innovare non è cosa buona o cattiva, è solo un’azione compiuta dagli uomini, ma dovrebbe essere guidata da principi etici.
Ragionare su questi aspetti potrebbe rivelarsi cruciale.