Un Ciclo per l'Innovazione Sistemica

Nel tempo in molti hanno descritto le modalità per generare apprendimento, cambiamento e miglioramento, in forma di cicli suddivisi in fasi. Si pensi al Ciclo di Lewin, al Ciclo PDCA di Deming e a quelli poi derivati come DMAIC e molti altri.

Un ciclo è un iter generalizzato che consente di svolgere la ricerca e l’ottenimento di un obiettivo finale attraverso fasi in relazione causa-effetto, quindi mediante tappe e successivi obiettivi intermedi. Tale modalità è esemplificante e facilitante il compito. Consente infatti di organizzare un procedimento che rischierebbe altrimenti di essere svolto in modo caotico.

Un comune denominatore tra tutti questi cicli risulta evidente dalla forma grafica con i quali solitamente vengono dichiarati, una sequenza di frecce che descrivono la successione di ogni task. Una freccia per il task A, la successiva per il task B e così via, giungendo fino al punto di partenza, ma con un “oggetto” trasformato rispetto a quello dal quale aveva avuto origine il processo. Iterare il ciclo consente quindi di trasformare ripetutamente tale oggetto.

Negli ultimi quindici anni mi sono interrogato a lungo su quale potesse essere il ciclo ideale, le relative fasi e una conseguente forma grafica, che rappresentasse compiutamente l’iter di generazione di un tipo di innovazione che avesse la pretesa di essere sistematica e sistemica.

Da queste riflessioni, e da ricerche e sperimentazioni condotte sul campo, ho isolato requisiti e strategie d’azione. Ne è derivato un ciclo costituito da sei aree fondamentali, supportate da una specifica strumentazione e da tecniche dedicate. È nato così il Ciclo OPIⁿ per l’Innovazione Sistemica. Tali fasi sono:

  • OPIⁿ1 Osservare (esplorare, percepire e analizzare risorse e squilibri dei sistemi)

  • OPIⁿ2 Puntare (formulare problemi e obiettivi esatti nel sistema corretto)

  • OPIⁿ3 Inventare (creare soluzioni e selezionare le maggiormente ideali)

  • OPIⁿ4 Organizzare (ordinare, elaborare e simulare il cambiamento)

  • OPIⁿ5 Produrre (pianificare, progettare e realizzare lo sviluppo del futuro)

  • OPIⁿ6 Innovare (attivare il cambiamento e generare il valore)

Come sarà intuibile la denominazione del ciclo altro non è che l’acronimo delle iniziali di ogni fase, elevato alla “n” sia per la ripetizione della terzina di lettere OPI, sia per ribadire che si tratta di un ciclo che si reitera. Tuttavia volevo che anche la rappresentazione grafica del ciclo riuscisse a trasmettere i fondamentali impliciti del metodo sotteso al ciclo medesimo, cioè della strumentazione a supporto. Per questo motivo ogni fase del ciclo è stata rappresentata in forma di freccia ritorta ad anello, ciò anche per ricordarci tre aspetti fondamentali:

  • nei sistemi dinamici vi sono loop e retroazioni tali per cui ogni fase è essa stessa una sorta di ciclo

  • ogni fase è fortemente collegata ad una fase precedente e ad una fase successiva

  • il ciclo può quindi essere inteso come una “catena”, resistente quanto lo è l’anello più debole

Il ciclo, e il metodo implicito sul quale si regge, è quindi stato concepito cercando di irrobustire ogni fase, ed è importante che nell’iter di una innovazione nessun “anello” venga considerato poco rilevante o scavalcato. Un simile approccio offre un’ulteriore vantaggio: consente di iniziare il percorso in un punto qualsiasi e, se servisse, di ripercorrere a ritroso le fasi precedenti, mediante alcuni strumenti interni al metodo, per verificare la robustezza di opzioni già adottate.

Tale ciclo, sulla cui applicazione nell’ambito più tecnico ero certo avrebbe confermato la propria efficacia (incremento del potenziale di successo e riduzione di tempi e costi), sta pure rivelando un aspetto che in effetti avevo previsto, cioè la sua applicabilità in ambito sociale e organizzativo.

Alcune esperienze stanno infatti validandone l’impiego in diversi ambienti sistemici complessi, nei quali sia necessario generare forme di cambiamento desiderato diffuso e sostenibile. Un caso può essere l’impiego del Ciclo OPIⁿ nello sviluppo di strategie di innovazione coopetitiva (competitiva e cooperativa), nelle quali è indispensabile assemblare sia componenti tecniche (ad esempio lo sviluppo di un nuovo prodotto o processo) sia componenti sociali (per esempio le relazioni tra i diversi coopetitori e la gestione di un bene comune).

Forse è giunto il momento in cui i diversi agenti coinvolti nell’innovazione, i “tecnici”, che si focalizzano più sui “tangibili”, e gli “antropologi”, più attenti agli aspetti “intangibili”, possono trovare un terreno comune e strumenti condivisi per riuscire a cooperare.

L’auspicio è quindi che tale “modello” possa diffondersi ed essere impiegato con largo beneficio da parte dei diversi attori e sistemi coinvolti, per ottenere un cambiamento che sia davvero desiderabile.

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